Un nuovo decreto sul CBD minaccia il settore della canapa

Un nuovo decreto sul CBD minaccia il settore della canapa

Un nuovo decreto sul CBD minaccia il settore della canapa

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Un nuovo decreto sul CBD minaccia il settore della canapa: Raccolta fondi per sostenere consumatori e operatori 

Con una mossa significativa, l’Italia è pronta a inasprire le proprie normative sulla vendita e il consumo di cannabis leggera, comunemente nota come prodotti CBD. Il 21 agosto è stato pubblicato in gazzetta ufficiale un decreto, firmato dal Ministro Orazio Schillaci, attraverso il quale il ministero della salute  richiede l’inserimento del CBD nella tabella dei medicinali. Di conseguenza a questo decreto si profilano all’orizzonte grandi cambiamenti, che suscitano consensi e malumori in vari settori.

A partire dal 20 settembre 2023, ci sarà un notevole cambiamento nel modo in cui i prodotti CBD saranno disponibili per l’acquisto in Italia. Il decreto impone che i negozi che attualmente vendono prodotti con somministrazione ad uso orale a base di cannabidiolo non saranno più autorizzati a offrire tali articoli. Invece, i consumatori si limiteranno ad acquistare cannabis light da fumare. Tuttavia, anche questa opzione potrebbe essere di breve durata poiché si profilano discussioni su un potenziale divieto totale della sostanza.

Cosa sta succedendo quindi?

Con il nuovo regolamento, il ministero della Salute ha revocato la sospensione del decreto del primo ottobre 2020, che inseriva le “composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo (CBD) ottenuto da estratti di cannabis” nella tabella dei medicinali allegata al testo unico sugli stupefacenti. Con questa mossa il CBD viene quindi riclassificato come sostanza controllata, posizionandolo alla pari di una sostanza stupefacente. Ciò significa che il cannabidiolo risulterà nella tabella dei medicinali stupefacenti e in futuro i prodotti ad uso orale di CBD potranno essere acquistati solo in farmacia e non sarà più possibile avervi accesso senza ricetta medica. Questo provvedimento potrà impedire la libera circolazione in Italia di alimenti a base di CBD ed è una mossa destinata a danneggiare unicamente i produttori nazionali. L'annuncio ha scatenato reazioni contrastanti, suscitando il malcontento di varie associazioni, commercianti, produttori, venditori e perfino tabaccai.

La decisione sembra essere in completa opposizione con i numerosi studi sul CBD che hanno dimostrato come non sia una sostanza pericolosa. Infatti, a differenza del THC, la ricerca ha dimostrato che gli effetti del CBD non risultano psicoattivi e quindi non vanno a compromettere lo stato di lucidità di chi lo assume.

"Una dichiarazione sorprendente dal momento che il CBD non ha effetto stupefacente, come aveva concluso già pochi mesi prima del decreto una Commissione di esperti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e come aveva ribadito una sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del novembre 2020", queste le parole dichiarate a riguardo dall’associazione Federcanapa.

La logica alla base di questa mossa risiede nella convinzione che il CBD possieda un potenziale terapeutico per determinate condizioni di salute. Di conseguenza, le autorità sembrano virare verso il trattamento del CBD come un medicinale piuttosto che come un prodotto liberamente commerciabile. Questo adeguamento mira a sottoporre il CBD a esame, controllo e autorizzazione in linea con il contesto medico.

Questa decisione, però, ha suscitato critiche da più parti. Gli oppositori sostengono che il decreto avrà un impatto significativo sulle imprese coinvolte nella produzione, lavorazione e vendita di estratti a base di CBD. 

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