La Cassazione: «Cannabis light è lecita e si può fumare». La Suprema Corte ha precisato in una sentenza che se è lecita la coltivazione di cannabis con una percentuale di THC entro lo 0,6% e sono leciti utilizzi alimentari e cosmetici, allora «non sono vietati altri usi non menzionati»
Se ne è lecita la vendita, ne è lecito l’utilizzo. È questo il principio espresso dalla Cassazione, che è intervenuta in una sentenza sulla questione della cannabis light, annullando un sequestro preventivo a carico di un tabaccaio di Civitanova Marche.
Oggetto della sentenza della Cassazione è la Cannabis “Light”, chiamata così poiché contenente una percentuale con THC (ovvero, la parte psicotropa) entro lo 0,6%, mentre con un tasso variabile di CBD (questa non produce il tipico “sballo”, ma ha solo effetti benefici) di cui è consentita la coltivazione. «Risulta del tutto ovvio - scrive la Corte - che la commercializzazione sia consentita per i prodotti della canapa oggetto del sostegno». E di conseguenza, aggiunge la Suprema Corte, seppur la legge esplicitamente citi utilizzi alimentari e cosmetici, il riferimento «non comporta che siano di per sé vietati altri usi non menzionati», come il fumo appunto.
La sentenza va in senso opposto rispetto ad un’altra della stessa Corte, che aveva precisato che la legga 242 del 2016 (inerente la coltivazione e la filiera agroindustriale della canapa), a cui si riferisce, non ha affatto reso lecita la commercializzazione della marijuana e dell’hashish con basso principio attivo. Ora quindi la Suprema Corte precisa che in caso di percentuale di THC inferiore allo 0,6%, la sostanza non è considerata «come produttiva di effetti stupefacenti giuridicamente rilevanti», e ne è quindi lecita la vendita.
La sentenza arriva in un periodo in cui controlli e relativi sequestri risultano sempre più stringenti, con pochissime tutele sia per chi svolge tale attività in pieno rispetto delle (non chiarissime) leggi vigenti, che per tutti gli utenti che ne fanno uso.
Staremo a vedere ;)